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Stabilità di governo: quale, come, con quali risorse?

La stabilità di governo riguarda solo gli organi apicali della Repubblica o tutti gli organi di tutti i livelli istituzionali ed amministrativi d’Italia? Più o meno 30.000 organizzazioni pubbliche? La domanda è rilevante perchè tutti comprendono che se si ridefiniscono solo nuovi equilibri istituzionali degli organi apicali (Presidente della Repubblica, Presidente del consiglio, ministri, rapporti con il Parlamento, quali modifiche della Costituzioni, ecc.) si lasciano fuori altre forme di governabilità oltre quelle istituzionali di alto profilo e la governabilità centrale svanisce.

Sono più di 40 anni che si tenta di affrontare riforme di questo tipo, senza successo (politico, sociale, referendum che hanno fatto saltare le diverse proposte, ecc.). Ma se si riforma il sistema delle relazioni istituzionali dei decisori apicali e si tralascia di affrontare la riforma delle Regioni, degli enti locali, delle burocrazie delle 30.000 organizzazioni pubbliche, possiamo affermare che abbiamo raggiunto l’obiettivo della governabilità di questo nostro Paese? Certamente no: noi facciamo riforme sulla carta, di tipo formalistico-astratto, senza una analisi di sostenibilità, di efficienza ed efficacia, di produttività e di sostenibilità delle riforme; noi facciamo riforme senza oneri per lo Stato (quindi riforme che producono miracoli: si autodeterminano!). Facciamo riforme sulla carta del livello istituzionale apicale ed il resto della Repubblica funziona su organizzazioni burocratiche vetuste, non trasparenti, con scarsa attenzione ai servizi per i cittadini e le imprese, con procedure ridondanti, lunghe e costose. E questa è stabilità? Oppure facciamo riforme delle Regioni con lo scopo reale di aumentare gli squilibri tra regioni (e questa è governabilità?). Facciamo riforme sulla carta e non formiamo i dipendenti pubblici ad operare in modo moderno. E quale dirigenza pubblica dovremmo avere per la stabilità di governo (a livello centrale, regionale, delle autonomie locali, ecc.).

Certamente il PNRR ha messo in evidenza tutte le disfunzioni decisionali, direzionali, amministrative, gestionali, di controllo e monitoraggio, ecc. Il PNRR ha messo in evidenza che la governabilità amministrativa non esiste! E allora? La stabilità di governo è cosa seria che deve essere affrontata con un approccio sistemico ed anche con interventi incrementali ma in una ottica globale, integrata, stabilendo con chiarezza come procedere nel cambiamento istituzionale, di governo, amministrativo e con impegni chiari, con procedure semplificate e digitalizzate allo stesso modo e su tutto il territorio nazionale. Con tempi certi e definiti. Riducendo le “discrezionalità amministrative” (pochi margini per le anarchie burocratiche ed amministrative) certamente rispettando le autonomie decisionali ed organizzative ma nella sostenibilità del tutto (attenzione alla razionalizzazione e gestione delle risorse). Se la governabilità è tema trasversale che interessa tutto il sistema pubblico del Paese allora è possibile operare tramite riforme semplici, chiare, comprensibili per tutti. Ma la riforma per la governabilità (le governabilità) ha i suoi costi (anche elevati) che devono essere parte delle riforme: riforme sulla carta e considerando quanto costano, come attuare le governabilità del sistema. E allora perchè riformiamo ( pensiamo di riformare) senza risorse (umane, finanziarie, strumentali, ecc.)? E le riforme quali cambiamenti innescano con costi e criticità di attuazione nel breve, medio e lungo periodo? Perchè procediamo sempre a rendere complesso il sistema che poi vogliamo invece semplificare, senza successo?

Forse ci sono aspetti psicoanalitici delle riforme che non consideriamo?

2 risposte

    1. La politica deve scegliere tra problemi concreti e necessità di riforme. Oppure si rischia di usare parole fine a se stesse.

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