Redazione|23 Gennaio 2025
Oggi inizia un nuovo progetto ambizioso, una nuova “avventura”, che nasce con l’obiettivo di far dialogare tutti i soggetti che contribuiscono al processo di digitalizzazione del Paese in politica (tra maggioranze e opposizioni sia a livello centrale che locale) e sul mercato (interloquendo con le multinazionali, con i grandi soggetti nazionali, con le PMI, con le start-up).
E tutto questo in un momento in cui si registra un cambio di passo forse senza precedenti.
Oggi occorre fare i conti con un mondo sì fortemente digitale, ma altrettanto convintamente deciso a frazionarsi, a segmentare mercati, a mostrare i muscoli tra schieramenti orientati alla geografia e alla politica.
Si è aperta un’era, quella dello Scontro Globale, che solleva nuove paure e sollecita la necessità di un Dialogo Globale, di cui tutti abbiamo bisogno, sia a Est che a Ovest, come al Nord e ai tanti Sud del mondo.
In questo scenario l’Italia appare una piccola cosa, ma non è proprio così.
Il nostro è un Paese con una posizione geopolitica di straordinaria rilevanza che può avere un ruolo importante (come è accaduto nei decenni passati) nella ricucitura delle relazioni Mediterranee, un bacino che raccoglie 27 Paesi rivieraschi, tre continenti e le correnti religiose più importanti del pianeta.
Per far questo occorre un radicamento nazionale dei processi di trasformazione digitale (specialmente in un Paese schizofrenico come il nostro che rischia di avere, a partire dalla PA, applicazioni molto sofisticate in alcuni processi e retaggi novecenteschi in altri), una attenta sintonia con l’agenda Europea (sempre che ve ne sia ancora una (unica e condivisa), una piena consapevolezza delle partite globali in corso.
Ma di quale digitalizzazione stiamo parlando?
Non si tratta, infatti, di un processo lineare e misurabile in modo quantitativo, con una strada obbligata, una corsia unica dove vince chi arriva prima.
Al contrario si tratta di un processo complesso, fatto di tante variabili incrociate che, una dopo l’altra possono far crescere o meno le imprese nazionali (e l’indipendenza che la loro crescita porta), sviluppare i talenti (seducendoli al punto tale da non indurli più a correre all’estero), rendere efficiente le nostre pubbliche amministrazioni (che in alcuni casi vantano, come abbiamo detto, applicazioni di eccellenza e in altri fenomeni tardo feudali), rafforzare la scuola da cui parte ogni conoscenza, tutelare gli assetti e i saperi delle università nazionali, far crescere la “cultura del futuro” di un intero Paese, aborrendo tutte quelle forme di mero fanatismo tecnologico (al limite del feticismo), che con la loro superficialità pesano da molti anni anche sulle scelte nazionali di policy del settore.
IF-Italia nel Futuro intende contribuire, assieme ai tanti altri soggetti impegnati in questi ambiti, alla marcia di avvicinamento verso un modello coerente di crescita digitale del Paese.
La trasformazione digitale è un cambiamento profondo che muta e arricchisce, crea valore. È un nuovo mindset, non un abito da indossare su una vecchia ossatura.
Ecco perché occorre puntare con la dovuta fiducia e con la giusta attenzione a quale “Italia nel Futuro” guardiamo, sapendo che ogni scelta sarà preceduta da un “…se…”.
Ecco perché IF sarà la nostra casa.