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Io valgo zero

Danno erariale per la svalutazione del capitale umano?

Un tempo si parlava semplicemente di “personale” o, genericamente di “dipendenti”. Ora, in un’evoluzione lessicale di tendenza, si è passati da risorse umane a capitale umano. Non mi ha mai persuaso la parola “risorsa”, perché indica qualcosa da sfruttare o comunque da utilizzare. Se si ha che fare con il capitale, di qualsiasi fattispecie esso sia (umano, materiale, finanziario, edilizio), bisogna trovare anche adeguate soluzioni e misure per favorirne la crescita, soprattutto di fronte ai venti dell’inflazione sempre in agguato nei periodi di mezzo tra crisi e ripresa.

Orbene, con sempre maggiore frequenza, capita di ascoltare persone frustrate e demotivate nei luoghi di lavoro, non soltanto tra i giovani. Per quest’ultimi, invero, il fenomeno sta assumendo contorni preoccupanti: https://www.corriere.it/economia/lavoro/22_gennaio_24/lavoro-boom-dimissioni-volontarie-giovani-cercano-posti-migliori-4ce15084-792c-11ec-8a8d-61f2621d8537.shtml

Senza ricorrere al demansionamento o al mobbing – oggi non a tema – le ragioni di questo atteggiamento possono essere ricercate nella mancata valorizzazione dei talenti o in situazioni lavorative insalubri che inducono le persone a considerarsi incapaci anche solo di apportare un contributo significativo nel proprio ambito professionale, fino a pensare di valere “zero”. In poche parole, si cerca lavoro altrove spesso per colpa di noi dirigenti e dei capi ufficio.

In alcuni casi, sono gli stessi responsabili a tenere pervicacemente compartimentati i propri collaboratori, quasi a fare da tappo, limitandone le azioni e l’inventiva, disincentivando gli slanci propositivi e costringendoli all’interno di procedure dalla “burosaurità” eccessiva.

In altri casi, inoltre, vi sono colleghi che, per potere emergere sugli altri, infondono volontariamente la disistima o diffondono gratuitamente “fake news” negative. Il fine è screditare e mettere in cattiva luce le persone capaci. Non è raro, poi, che a questo si aggiunga l’indifferenza o, peggio, la complicità di chi appoggia queste condotte riprovevoli per un proprio tornaconto personale, alimentando il chiacchiericcio o perpetrando piccoli o grandi dispetti quotidiani.

Questi comportamenti – da un lato irrispettosi della dignità del lavoratore e dall’altro calunniosi per la persona – sono figli della depauperazione sociale cui stiamo assistendo con la valanga mediatica da social, in cui ognuno si sente libero di offendere chiunque. Sul chiacchiericcio malsano ne ha parlato più volte anche Papa Francesco https://www.agensir.it/chiesa/2021/12/15/papa-alludienza-chi-calunnia-il-prossimo-e-omicida/

Questi atteggiamenti impediscono la crescita delle potenzialità individuali, che restano quindi inespresse, o portano addirittura i lavoratori a considerarsi “zero”, privandoli di ogni energia propulsiva e rendendoli incapaci di fornire un contributo attivo nella sfera professionale. A questo punto, possiamo parlare di spinta all’inflazione del capitale umano, fino alla svalutazione? E, se così fosse, potremmo ipotizzare un danno erariale per ogni lavoratore svalutato?

Arduo da sostenere in un giudizio giuslavoristico, ma non così improbabile nella realtà fattuale.

Una persona demotivata, infatti, finirà per produrre il minimo sindacale o per timbrare semplicemente il cartellino, come unico adempimento cognitivo, almeno due volte al giorno. Non esiste solo la fuga dei cervelli, ma anche l’intelligenza catatonizzata, priva di stimoli, capace di condurre addirittura alla vulnerabilità emotiva. In questo, la persona danneggerà non solo sé, ma anche il proprio datore di lavoro per la mancata efficienza, con impatti indiretti sull’economicità dell’azione amministrativa. E da qui il danno erariale.

Ricordiamoci, inoltre, che una persona assunta in età giovane (25/35 anni) costerà non tanto lo stipendio mensile, quanto piuttosto circa 1.300.000 euro spalmati lungo tutti gli anni della propria attività, come di recente ci conferma un calcolo di Gabriele Rizzetto in un corso di PuntoPersonale: www.puntopersonale.it.

Comprimere la potenzialità espressiva delle persone ha, dunque, un effetto inflattivo, che invece dovrebbero essere messe nelle condizioni di germogliare, attraverso progetti di formazione (e non corsi di addestramento), premi di produttività non solo in denaro (missioni all’estero, gruppi di lavoro nazionali e internazionali, etc.) e, prima di tutto, creare i presupposti per lavorare in un ambiente sereno e stimolante.

Il management ha un ruolo strategico nella valorizzazione dei talenti. Per questo deve essere lasciato spazio alla coltivazione di aspetti apparentemente inutili del lavoro, che possono costituire fonte di ricchezza istituzionale e di arricchimento personale e, non ultimo, nel prevenire l’insorgenza di quei contesti nocivi di cui abbiamo parlato. E, ancora in tema di stimoli, è indispensabile costruire la consapevolezza che non c’è nulla di più utile di ciò che potrebbe apparire inutile (di recente, Inutile, https://www.filodiritto.com/inutile).

Da ultimo, le lame delle parole. I giudizi negativi gratuiti sono i peggiori nemici dell’autostima. Dire a un collega “Vali zero, sei incapace” o, più subdolamente, diffondere tale giudizio nel contesto lavorativo, equivale a minarne la percezione positiva di sé, spegnendo a lungo andare ogni energia motivazionale. Come diceva Pirandello «Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere, mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io. Vivi i miei dolori, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io. Ognuno ha la propria storia. E solo allora mi potrai giudicare».

Non a caso, la parola manager deriva dal latino “manus”, cioè gestire con le mani, tanto che su ogni lavoratore bisognerebbe imprimere la scritta «Maneggiare con cura. Prima di essere un lavoratore, sono una persona».

Uscendo da quanto potrebbe sembrare del buonismo di maniera, è possibile affermare con forza che, come è corretto licenziare i nullafacenti o chi approfitta di una posizione per vivere di rendita adagiandosi nell’indolenza, così devono essere licenziati anche coloro che non valorizzano le persone o, peggio, le denigrano per emergere (torna, dunque, l’ipotesi di danno erariale).

Chi è ingiustamente bersaglio di queste azioni irrispettose deve trovare la forza di coltivare la propria autostima, partendo da ciò che di buono ha sicuramente compiuto lungo il proprio percorso professionale, senza soffermarsi sul passato e sul presente, ma cercando di andare oltre la situazione contingente sfavorevole, incoraggiando e ampliando le relazioni con i colleghi in grado di apprezzare il proprio valore potenziale e iniziare a diffondere stimoli positivi.

Bene ha fatto il Ministro per la funzione pubblica a puntare sul capitale umano nelle proprie linee programmatiche, come anche ribadito nel videomessaggio inviato ai partecipanti al 5° Raduno dei responsabili della transizione digitale del 2 dicembre 2022:

Per queste ragioni, in Umanesimo Manageriale abbiamo pensato a una maglietta, che trova la forza espressiva in tutto quello che abbiamo esposto finora: “Io valgo 0, ma solo dopo un 1, con tanti altri 0 tendenti in potenza all’infinito”.

https://www.umanesimomanageriale.it/14-um/283-iovalgozero.html

Finora abbiamo parlato dei luoghi di lavoro. E se la stessa frase fosse pronunciata in un contesto familiare o sociale a figli, parenti, amici o coniugi? Questa è un’altra storia – ricchissima di stimoli – che affronteremo in un’altra sede.

10 risposte

  1. Gianni, avevi già la mia stima incondizionata, questa stima ora vale 0, ma solo dopo un 1, con tanti altri 0 tendenti in potenza all’infinito. Uno spunto di riflessione fatto da chi è veramente un manager nel senso etimologico del termine. Con tutta la mia stima

  2. un intervento che mi lascia senza parole… complimenti!!! (vivendo in un mondo di 0 e 1 ogni tuo intervento mi riporta alla dimensione umana!!!)

  3. “…Chi è ingiustamente bersaglio di queste azioni irrispettose deve trovare la forza di coltivare la propria autostima”, … e chi di noi prima o poi non è stato “bersaglio” di azioni negative, soprattutto in ambito lavorativo. Il punto è dare per scontato che ciò prima o poi accada ma costruire un metodo per far accrescere la propria autostima comunque e sempre anche in queste situazioni. io personalmente trovo utile usare l'”indifferenza” nei confronti delle persone che mi denigrano, ed il pensare continuo che ciò che faccio non lo faccio per “compiacere” gli altri, ma per elevare me stesso e la mia professionalità, per lasciare nella mia Amministrazione, un segno tangibile della mia presenza, anche se questo “segno” non è immediatamente riconosciuto, ma lo sarà in futuro o forse non lo sarà mai.

  4. Caro Gianni, sei il miglior dirigente che un’amministrazione possa avere, tu si che vali.
    Complimenti, sei sempre sul pezzo!
    Con tutta la mia stima

  5. Grazie Gianni per aver posizionato un riflettore su un male diffuso e comune senza “mezzo gaudio”.
    Aggiungo che esso consegue anche dall’isolamento lavorativo di alcuni ruoli obbligatori, come quello dei DPO o degli RPCT, percepiti dalla PA come adempimenti e non opportunità.
    Lungi dall’essere percepito come valorizzazione di competenze o manifestazione di stima professionale, il lungo isolamento lavorativo incide profondamente su molti degli aspetti lavorativi e personali citati.
    Grazie anche per aver riportato la meravigliosa e sana riflessione di Pirandello, che accetto come un bellissimo regalo da condividere.
    La appenderò dietro la scrivania affianco a quella sulla calunnia e chi si presta a diffonderla, sulla quale vedo soffermare lo sguardo degli interlocutori, che a volte poi chissà perché lo abbassano.
    Un caro saluto a tutta la comunità e auguri per le feste imminenti

    PS: potreste trovare in vendita, in futuro, “La solitudine dei DPO”, raccotla di esperienze di colleghi di tante PA 😉

  6. Vittima più volte di atteggiamenti e di azioni che hanno senza dubbio leso la mia autostima, sono attualmente una funzionaria che lavora sono per senso del dovere, null’altro

  7. Gentilissimo Gianni,
    mi permetto un commento al tuo articolo in quanto anch’io, nei lunghi anni trascorsi al servizio della Pubblica Amministrazione, ho più volte elaborato un pensiero, molto simile a quello da te proposto, ma in termini non tanto di danno erariale, quanto di danno morale.
    Condivido tutte le tue considerazioni alle quali ne aggiungo solo due.
    La prima. Occorre formare seriamente la coscienza di una classe dirigente che sia attenta non solo ai risultati (obiettivi) performanti, ma che abbia in concreto la capacità di essere attenta ai bisogni della “persona”, di formare ambienti di lavoro adeguati e piacevoli per tutti, non solo per pochi “amici”. E, possibilmente, testare periodicamente il raggiungimento di tali obiettivi anche mediante lo strumento di test di gradimento del personale (capitale umano o risorsa che sia) operante nel contesto.
    La seconda. La Pubblica Amministrazione opera in una realtà in cui primo obiettivo non è fare utile di impresa, e per questo si muove come un plantigrado dilapidando enormi risorse senza adeguati controlli, completamente avulsa dalla necessità di sfruttare al meglio le risorse (valorizzando i meriti) e, proprio per questo, ancor meno attenta al valore della “risorsa” acquisenda ed acquisita.
    E ci credo che non sia più attrattiva per i giovani, specie per quelli più brillanti!!
    Occorre intraprendere velocemente un processo di modernizzazione della PA (a partire dalle Università), non dal basso però (considerata, altresì, l’età media del personale), ma piuttosto dalla classe dirigente che, alla luce della mia personale esperienza, non ritengo all’altezza della sfida.

  8. E’ sicuramente un punto di vista da leggere con attenzione ma, a volte, spesso, si lavora molto bene, ci si appassiona del proprio lavoro, si fanno le cose per migliorare le relazioni nonostante il manager.
    Nonostante il suo costante tentativo di affossarti, di non considerarti, di negare la tua professionalità o di attribuire i tuoi lavori ben fatti a qualcun altro, capita che tu rimanga integro, il tuo lavoro vada avanti, succede che tu riesca ad aspettare che il suo turno passi e arrivi un altro dirigente che – magari – la pensi come Penzo Doria, che abbia occhi per vedere, giudizi ancora da formare, competenze da donare – e da ricevere – per migliorare tutti insieme. Succede. Ma non è detto che accada. Il senso di appartenenza alla Pubblica Amministrazione o ce l’hai o non ce l’hai. Se ce l’hai non sarai mai uno zero.

  9. Una “maglietta” che bisogna indossare fin da piccoli e che crescerà con noi!
    Una “risposta” intelligente a Gianni e a tutti i partecipanti al dibattito nazionale, proprio nella giornata di ieri, l’ho individuata dai nostri “vicini di casa” – il mondo della scuola, nell’evento conclusivo del “Campionato nazionale dei valori – Essere protagonisti del proprio futuro” svoltosi presso l’Aula magna dell’Università Federico II (nuova sede di Scampia) e in streaming in tutta Italia (https://youtu.be/EnM3w5UaNzE).
    La Fondazione Merita Meridione – Italia con il CRIF (Centro di Ricerca e Indagine Filosofica sulla Philosophy for Children) ha lavorato per un anno intero con gli alunni delle scuole primarie del Mezzogiorno per portare gli strumenti della Filosofia e del Service learning a più di 11.550 bambini, valorizzarne le vivaci intelligenze, potenziarne le capacità di confronto dialogico e lo spirito critico, creare condizioni di sviluppo etico, impegnato e sostenibile fin dalla più giovane età (www.campionatodeivalori.it).
    Perché il valore e il merito edificati attraverso il dialogo e il confronto di comunità sono inconfutabili!

  10. Carissimo Gianni,
    aggiungo uno spunto: tutto quello che dici inizia anche ad avere solide basi empiriche. Intendo dire che, come ormai dimostrano innumerevoli studi organizzativi, trattare le persone con cortesia e rispetto, valorizzarne i talenti, aiutarle a crescere… fanno funzionare meglio le organizzazioni. A tutte le latitudini.
    Come diceva scherzando un amico avvocato: non si tratta di buoni sentimenti; sono un avvocato non credo nei sentimenti! Non si tratta di filosofia; sono un avvocato non credo nella filosofia! Si tratta di fatti! E in quelli credono anche gli avvocati.

    Un abbraccio

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