L’eclisse dei dati in Cina e il suo impatto sul mercato globale: opacità, sfiducia e rischi sistemici
di Giovanni DI TRAPANI

Nel cuore della seconda economia mondiale si sta verificando un fenomeno che rischia di compromettere seriamente l’equilibrio dell’intero sistema economico globale: la graduale, ma sistematica, scomparsa di dati ufficiali sull’andamento dell’economia cinese. Questo oscuramento informativo non è una semplice questione tecnica o statistica, ma un evento politico ed economico di grande rilevanza, destinato a produrre conseguenze profonde e pervasive sia nei rapporti internazionali sia nella stabilità dei mercati finanziari.
L’economia cinese ha svolto negli ultimi due decenni un ruolo trainante nella crescita mondiale, fungendo da hub manifatturiero, bacino di consumo e polo di attrazione per gli investimenti esteri. Tuttavia, dopo l’uscita dalla pandemia da Covid-19, l’apparato economico del Paese ha manifestato segnali sempre più evidenti di vulnerabilità: rallentamento del PIL, crisi del settore immobiliare, stagnazione dei consumi interni, calo degli investimenti diretti esteri. Dinanzi a questi elementi di criticità, la risposta del governo cinese si è configurata in senso inverso rispetto alle attese di una maggiore trasparenza e collaborazione: ha scelto, invece, di ridurre la disponibilità e la qualità dell’informazione statistica.
È stata interrotta la pubblicazione di numerosi dati macro e microeconomici fondamentali, tra cui il tasso di disoccupazione giovanile, il valore dei terreni, le percentuali di occupazione delle unità immobiliari, i flussi di capitale estero nelle borse, e persino indicatori minori che, aggregati, possono contribuire a delineare il contesto sociale e produttivo del Paese. Perfino società cinesi come Wind Information hanno cominciato a limitare l’accesso da parte di utenti stranieri a banche dati su aste immobiliari, strutture societarie e commercio elettronico.
L’eliminazione di questi dati ha una portata sistemica. In primo luogo, impedisce agli operatori internazionali – investitori, fondi sovrani, enti multilaterali, agenzie di rating – di formulare valutazioni attendibili sul rischio Paese e sulla sostenibilità delle politiche economiche cinesi. La conseguenza immediata è l’aumento dell’incertezza e della volatilità nei mercati finanziari. Quando la seconda economia mondiale diventa opaca, l’intero sistema si espone a shock imprevedibili. Le borse asiatiche, fortemente interconnesse con quella cinese, diventano più vulnerabili a correzioni improvvise; gli investitori globali, privi di riferimenti credibili, tendono a ridurre l’esposizione verso asset cinesi, innescando deflussi di capitali con effetti a catena.
In secondo luogo, il fenomeno mina la capacità dei Paesi partner di calibrare in modo efficace le proprie politiche commerciali, monetarie e industriali. La Cina non è soltanto un esportatore netto: è un attore fondamentale nelle catene del valore globali. Dati incompleti o manipolati sul PIL, sui consumi interni o sulla produzione industriale rendono difficili le previsioni su domanda e offerta di beni strategici, influenzando la pianificazione delle politiche energetiche, agricole, tecnologiche. Paesi fortemente interdipendenti con la Cina – dall’ASEAN all’Africa subsahariana, fino all’Unione Europea – si trovano così privati di un elemento essenziale di previsione e governance: la trasparenza informativa.
In terzo luogo, la censura statistica ha una rilevanza strettamente geopolitica. La Cina tende sempre più a costruire la propria narrativa economica come strumento di soft power e legittimazione internazionale. In questa prospettiva, la manipolazione dei dati si configura come una componente del controllo del consenso interno, ma anche come leva negoziale nelle relazioni globali. Una crescita del PIL dichiarata al 5% – laddove le stime indipendenti oscillano tra il 2,5 e il 3,7% – non è soltanto una distorsione tecnica, ma un atto politico. Serve a rassicurare i partner commerciali, a consolidare il ruolo della Cina in ambiti multilaterali come i BRICS o l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, a mostrare forza nei confronti degli Stati Uniti nel contesto della guerra dei dazi.
Tuttavia, tale strategia rischia di rivelarsi controproducente. Nel medio-lungo periodo, la perdita di fiducia degli attori economici internazionali potrebbe risultare irreversibile. L’affidabilità statistica è una componente essenziale della credibilità economica: non è un elemento accessorio, ma una condizione strutturale della governance globale. Anche gli accordi commerciali multilaterali e bilaterali si fondano, infatti, sulla condivisione di informazioni affidabili. Senza dati certi, anche la cooperazione internazionale diventa una scommessa, e le relazioni economiche si spostano su un terreno di crescente politicizzazione e diffidenza.
È in questo scenario che si inserisce un nuovo bisogno di governance globale. Organismi come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e le Nazioni Unite dovrebbero rafforzare il proprio ruolo nel monitoraggio della qualità e dell’integrità dei dati economici nazionali, e promuovere standard di trasparenza che vincolino anche le grandi economie emergenti. L’adozione di indicatori alternativi – basati su dati satellitari, misurazioni indipendenti del consumo elettrico o monitoraggio della logistica – rappresenta una risposta parziale e non sistemica. Occorre invece rilanciare un’agenda multilaterale per la trasparenza economica, che consideri la disponibilità e l’integrità dei dati come beni pubblici globali.
Nel frattempo, gli attori istituzionali e privati dell’economia internazionale sono chiamati a rafforzare i propri strumenti di analisi indipendente. Le università, i centri di ricerca, le agenzie specializzate dovrebbero investire in nuove metodologie di data intelligence e incrocio di fonti non convenzionali. Anche l’Unione Europea, impegnata nella ridefinizione delle proprie relazioni economiche e strategiche con la Cina, dovrebbe dotarsi di un osservatorio permanente sulla trasparenza economica dei partner extra-UE, in grado di segnalare con tempestività i rischi informativi e le distorsioni sistemiche.
In ultima analisi, la scelta del governo cinese di limitare l’accesso ai dati economici non è un mero atto di censura. È una dichiarazione implicita di difficoltà e di fragilità. È il tentativo di controllare un racconto, laddove la realtà sta sfuggendo alle narrazioni ufficiali. Ma i mercati, prima o poi, presentano il conto: e senza dati, la fiducia crolla. E senza fiducia, l’economia globale – sempre più interconnessa – perde uno dei suoi pilastri essenziali.

Giovanni DI TRAPANI è Ricercatore III Livello presso l’IRISS-CNR, ha conseguito il Dottorato di Ricerca in “Economia e gestione delle Aziende Pubbliche” presso la Facoltà di Economia dell’Università di Salerno ed è laureato in Economia e Commercio presso la Facoltà di Economia “Federico II” di Napoli.Attualmente in distacco presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri presso la Struttura di supporto del Commissario straordinario del Governo per la bonifica ambientale e rigenerazione urbana del sito di interesse nazionale Bagnoli Coroglio; ha svolto attività di ricerca, a partire dal giugno 2010, nel campo delle Economia e Gestione delle Imprese Assicurative nell’ambito del progetto di ricerca “Innovazione e management dei servizi”; concentrando la propria attività di studio lungo due assi principali: un primo con obiettivi specifici riferiti all’innovazione per lo sviluppo dei servizi assicurativi ed un secondo ascrivibile all’identificazione degli approcci gestionali derivanti dai rischi originati da eventi naturali di tipo catastrofale. Nel recente passato ha svolto, altresì, studi relativi all’individuazione di soluzioni concernenti l’evoluzione dei canali distributivi e del lancio di nuovi servizi market-driven e/o technology-driven. In precedenza, fino al maggio del 2010, ha affrontato le problematiche connesse con il Management del Turismo e dei Beni Culturali, con particolare riferimento alla gestione, fruizione e valorizzazione economica del Patrimonio Culturale. E’ Editor in Chief dalla rivista Journal of Advanced Health Care ed è componente dell’Editorial Board Member in qualità di Reviewer di importanti riviste internazionali, e da dieci anni, è stato Professore a contratto di Statistica Economica e Statistica del Turismo presso l’Università Telematica PEGASO.

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