intervento di Massimo Beraldo
L’Anniversario della liberazione d’Italia (anche chiamato Festa della Liberazione o anniversario della Resistenza) viene festeggiato in Italia il 25 aprile di ogni anno e rappresenta un giorno fondamentale per la storia della Repubblica Italiana: la fine dell’occupazione nazifascista, avvenuta il 25 aprile 1945, al termine della seconda guerra mondiale.Convenzionalmente fu scelta questa data perché il 25 aprile 1945 fu il giorno della liberazione di Milano e Torino. Entro il 1° Maggio poi, tutta l’Italia settentrionale fu liberata: Bologna (il 21 aprile), Genova (il 26 aprile, unica città ad essersi liberata da sola, grazie alla lotta degli antifascisti, dei partigiani), Venezia (il 28 aprile). La Liberazione mette così fine a venti anni di dittatura fascista e a cinque di guerra e simbolicamente rappresenta l’inizio di un percorso storico che porterà poi al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica prima e, quindi, alla nascita della Repubblica Italiana.Il 2 giugno 1946, insieme con la scelta sulla forma istituzionale dello Stato, i cittadini italiani elessero anche i componenti dell’Assemblea Costituente che doveva redigere la nuova Carta Costituzionale.
Se l’Italia poté scrivere – e non farsi scrivere – la propria Carta Costituzionale, lo deve a chi non aderì alla repubblica di Salò e lottò per liberare il Paese dalla dittatura nazifascista.
La Costituzione della Repubblica Italiana entrò in vigore Il 1º gennaio 1948,
È un documento che si è realizzato “sulla base di un altissimo dialogo culturale, tra persone di altissimo livello provenienti da storie e da culture totalmente diverse, ma che riuscirono a trovare una straordinaria mediazione. E di questa convergenza la nostra Costituzione è frutto proprio perché è basata su una sintesi culturale e non su colpi di maggioranze o su precari equilibri o estemporanee fantasie (Giuseppe Dossetti)”.Inizio questa mia riflessione ricordando il significato istituzionale di questa importantissima Festa Nazionale perché molti, soprattutto tra i giovani, ma purtroppo anche tra i meno giovani, non ne conoscono il significato.
Soprattutto in questi ultimi anni questa ricorrenza è vissuta dai più come una giornata di svago e da molti come una celebrazione negativa, perché divisiva.
Ma quest’anno la ricorrenza assume un significato particolare: sono trascorsi ottant’anni da allora, e c’è ancora molta strada da fare!Ebbene l’8 settembre c’è chi scelse di stare dalla parte sbagliata e chi da quella giusta, per combattere contro l’occupante nazista, per riscattare l’Italia da vent’anni di dittatura fascista e porre le premesse per la costruzione di un Paese fondato sui principi della Libertà, della Giustizia, della Democrazia, della Pace, in cui la dignità della persona fosse al centro di ogni azione politica.
Il 25 Aprile è la Festa di tutti gli Italiani che si riconoscono nei valori della Costituzione nata dalle ceneri di vent’anni di dittatura fascista e dalla Resistenza di donne e uomini di ogni età e di ogni estrazione sociale, culturale e politica.
E, infatti, la Carta Costituzionale – il nostro Vangelo Laico – è un inno alla Libertà, alla Giustizia, alla Pace, in cui al centro c’è la Persona, e diritti e doveri stanno sullo steso piano: sono i principi su cui si basa l’antifascismo, tutta la Costituzione è antifascista!Perché le galere fasciste s’aprirono per Gramsci e Pertini, ma anche per De Gasperi. Perché don Sturzo sperimentò l’esilio non meno di Togliatti. Perché a Napoli le bande fasciste devastarono l’abitazione di Croce al pari di quella di Labriola. E perché tutti loro, senza eccezioni, affrontarono la prova della guerra, subirono lutti, patirono la fame.
Rivolgendosi ai giovani così li esortava Piero Calamandrei: «Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.»
Ad un lettore, che dava una lettura edulcorata del ventennio fascista, così risponde Aldo Cazzullo:
“[…] Leggo nelle sue parole l’eco della storia come ce la raccontiamo, proprio per autoassolverci dal fascismo. Mussolini viene presentato come uno statista che fino al 1938 le aveva azzeccate tutte; d’accordo, al prezzo di una mano pesante con gli oppositori, ma si sa che quando ci vuole ci vuole. Poi sbagliò a fare le leggi razziali, ad allearsi con Hitler, a seguirlo sino alla fine (ci sono anche coloro che si schierano con il Duce sempre e comunque; ma sono una minoranza).
In realtà non esistono due Mussolini.[…] La guerra era insita, fin dall’inizio, nell’idea stessa del fascismo. Il fascismo nasceva dalla guerra — «trincerocrazia!» — e nella guerra doveva inevitabilmente finire. L’odio per le minoranze, l’elogio della violenza, lo spirito antiparlamentare e antidemocratico non sono sovrastrutture o acquisizioni; sono intrinseci all’idea stessa del fascismo. E prima del 1938 Mussolini e i suoi avevano provocato in varie forme la morte delle più nobili figure dell’opposizione: Giacomo Matteotti, Piero Gobetti, don Giovanni Minzoni, Giovanni Amendola — aggredito quindici contro uno —, Antonio Gramsci, Carlo e Nello Rosselli. Avevano bastonato un prete, don Luigi Sturzo, e un santo, Pier Giorgio Frassati. Cappellano militare nella Grande Guerra, medaglia d’argento al valore, don Minzoni fu aggredito alle spalle nottetempo, con sassi e bastoni: morì un’ora dopo, con il cranio sfondato, pianto dai suoi parrocchiani.”In questi ultimi anni c’è il tentativo di un revisionismo della storia, c’è chi chiede una memoria condivisa, ma come ha detto il prof. Pietro Scoppola, la memoria non può essere condivisa, la storia può essere condivisa, deve essere condivisa, ma non la memoria. Ed è proprio nella condivisione di una storia che è di tutti che si realizza quel bisogno di riconciliazione di cui il paese ha tanto bisogno.
Quindi il 25 Aprile è sì divisivo, ma solo nel senso che sancisce, inequivocabilmente, chi ha fatto la scelta giusta e chi quella sbagliata, chi ha lottato per la Libertà, per la Giustizia, per la Democrazia, per la Pace, e chi ha scelto di sostenere la Repubblica di Salò e l’occupante nazista.
E non può essere che così!
Chi chiede che sia una festa di riconciliazione e pacificazione, deve avere il coraggio di ammettere che il fascismo e il suo massimo interprete, Benito Mussolini, sono stati il male assoluto, che chi ha scelto di sostenerli si rese responsabile della più grande tragedia della nostra storia.È proprio così difficile affermare questa ineluttabile verità e festeggiare, allora sì, tutti insieme la Festa della Liberazione dell’Italia dal giogo nazifascista?Non credo che in Italia ci sia il pericolo di un ritorno ad un regime fascista, grazie alla Resistenza e alla Costituzione, alla testimonianza di tante donne e uomini delle istituzioni – rappresentati in modo esemplare dal nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella -, abbiamo gli anticorpi per evitarlo.
Ciò che mi preoccupa è una strisciante deriva culturale che – questa purtroppo sì – affonda le radici in rigurgiti di tipo fascista; e questo governo, che ha il diritto e il dovere di governare il Paese, voluto dagli italiani che l’hanno votato a maggioranza, non sta facendo nulla, con mia grande amarezza, per fugare questo turbamento.Affermava padre David Maria Turoldo, con parole che sembrano scritte oggi:
“Cos’è a rigore il fascismo? Nessuno si offenda se dico che è uno stato d’animo; ogni volta che uno perde la pazienza ed alza il manganello è un fascista; fascismo è un momento di stanchezza morale, è un momento di stanchezza razionale.È un momento di debolezza, è uno stato di impazienza; portate questo sentire su una dimensione nazionale, portatelo su una dimensione europea ed avrete le dittature. Avrete il momento della dominazione, della forza esteriore, ma della debolezza interiore.Quando ci si stanca moralmente di lottare, quando si rinuncia al valore della propria persona, si abdica alla propria dignità, allora è il momento. Quindi la causa prima è uno stato d’animo, uno stato d’animo diffusissimo che va sempre osservato, che va sempre controllato in ciascuno di noi.Non si può gridare all’untore: siamo tutti untori.”E nel libro intervista “Storia di una passione politica”, Tina Anselmi, che a 17 anni, dopo avere assistito all’impiccagione di un gruppo di giovani partigiani nella piazza di Bassano del Grappa, decide di entrare nella resistenza come staffetta e da quel momento non cesserà più di impegnarsi al servizio della comunità attraverso l’impegno politico esercitato con assoluto rigore morale, afferma: “La nostra storia di italiani ci dovrebbe insegnare che la Democrazia è un bene delicato, fragile,deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati. E concimati attraverso l’assunzione di responsabilità di tutto un popolo. Ci potrebbe far riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni – quanto libere? –, non è soltanto progresso economico – quale progresso e per chi? È Giustizia. È rispetto della Dignità Umana, dei diritti delle donne. È tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. È Pace.”
Ecco noi dovremmo avere memoria del fondamentale significato di questa ricorrenza, dovremmo trasformare questa giornata in un forte momento di autentica riflessione, dovremmo fermarci e ripercorrere la nostra storia, chiederci da dove veniamo, domandarci attraverso quali percorsi siamo giunti ad essere il paese che siamo.
Dovremmo chiederci, innanzitutto, cos’è stata la Resistenza e cosa ci dice ancora oggi di così fondamentale.Questa giornata deve essere luogo di memoria, di storie e di ideali, di valori e di principi per rendere fecondo il cammino e il sacrificio compiuto da chi ci ha preceduto, da chi è morto per un ideale, per una speranza.
Pensiamo alla brutale invasione dell’Ucraina da parte di Putin; come non riconoscere nell’eroica resistenza del popolo ucraino la volontà di ribellarsi all’oppressore, di lottare per la Libertà, per la Giustizia, per la Democrazia, per la Pace!Pensiamo alla immane tragedia dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, e alla brutale e sproporzionata reazione del governo guidato da Benjamin Netanyahue, e alle altre decine di guerre che papa Francesco ha definito “Terza guerra mondiale a pezzi”.Se i potenti del mondo ascoltassero e seguissero davvero le accorate esortazioni alla pace di papa Francesco, e facessero silenzio, solo silenzio!Pensiamo all’Europa!
A quel grande sogno che nacque proprio dalle tragedie del ventesimo secolo, grazie a uomini come Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman, Altiero Spinelli solo per citarne alcuni.Ci ricorda il nostro Presidente della Repubblica:
“Nessun Paese europeo può affrontare da solo i grandi problemi di oggi. Pensare di farcela da soli è pura illusione, o peggio ancora, inganno consapevole delle pubbliche opinioni”.L’irrilevanza delle politiche di ciascun singolo Paese europeo, fuori dal quadro di riferimento continentale, emergerebbe immediatamente”.Nel turbamento del mondo, quanto apparirebbe necessario il ruolo di equilibrio svolto da un concerto di ventisette Paesi, tanto si mostra ampio il divario tra l’essere e il dover essere di un’ampia comunità che trova la sua dimensione in uno spazio già condiviso. Mai, dunque, come oggi appare urgente unire. Eppure tanta parte della pubblica opinione del continente appare percorsa da sentimenti di disillusione, immemore del significato di un cammino davvero prezioso e significativo”.La grave crisi economica e finanziaria e insieme morale di questo nostro tempo può essere terreno fertile per pericolose derive populiste, il fascismo e il nazismo nacquero proprio da una crisi complessiva che coinvolgeva la finanza, l’economia e soprattutto la politica.
Quando la politica è debole si spiana la strada al qualunquismo, al populismo e alla demagogia.
Ed è ciò che sta accadendo!
Ma, se è vero che la politica ha enormi responsabilità per quello che stiamo vivendo è altrettanto vero che è attraverso la politica che sarà possibile ripartire e superare le enormi difficoltà che abbiamo di fronte a noi.
Molti non credono più alla politica, non credono più nelle istituzioni e nei partiti.
Ma io vorrei fare un accorato appello a tutte le persone di buona volontà.
Le Istituzioni e i Partiti sono uno strumento fondamentale della democrazia e si devono riformare e rafforzare dal di dentro con la fatica della partecipazione e del pensiero. Sono il primo ad essere consapevole dell’attuale debolezza del nostro sistema politico istituzionale, ma esso è lo specchio fedele della nostra società, quindi spetta a ognuno di noi impegnarsi per ridare credibilità agli strumenti della democrazia.Non è vero che non ci sono esempi di buona amministrazione, di rappresentanti delle istituzioni e della politica che hanno dimostrato e dimostrano di avere come unico fine il bene comune.
Occorre allora ripartire dai valori fondanti, dai principi universali che tengono unita una nazione e la mettono in relazione con le altre nazioni. E da uomini, come il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che abbiano il senso dello Stato, la misura e l’equilibrio.
Abbiamo bisogno, pur con modelli e metodi adeguati ai tempi di oggi, di recuperare lo spirito autentico del fare politica, perché il paese ha bisogno di essere governato dalla politica, dalla capacità di saper rappresentare la complessità di una società in vertiginosa trasformazione, di un pensiero e di un’azione politica che sappia “guidare il processo e indicare i fini”.
Se vogliamo davvero dare un senso a questa giornata e non vanificare il sacrificio di coloro che hanno lottato per un mondo migliore, allora pensiamo alla responsabilità che ognuno di noi ha di fronte al paese.
L’impegno per il bene comune non può nascere dall’ improvvisazione, non può nascere dal desiderio di essere contro, ma germoglia dalla passione per un’idea alta della politica, dalla conoscenza e dalla competenza: tutte insieme formano un buon politico e un buon cittadino.
Di questo, oggi, abbiamo bisogno, di donne e uomini di buona volontà che riscoprano la bellezza dell’impegno politico, solo così potremo riprendere fiducia in noi stessi e speranza per il futuro.
Viva l’Italia, viva la Repubblica, viva l’Europa
Massimo Beraldo