Da decenni nel dibattito pubblico, per raggranellare briciole di consenso e soddisfare appetiti di gruppi di potere, mancano pezzi di verità che, attraverso narrazioni di comodo, rendono tutti gli attori esenti da responsabilità individuali e collettive.

Nel 2011 lo Stato rischiò l’insolvenza (non pagare debiti, pensioni e stipendi) ma non abbiamo imparato nulla, nonostante l’ulteriore debito accumulato durante la pandemia (194 miliardi di euro) tutto resta com’è, con le regole e organizzazione attuali, mentre nei vari dibattiti televisivi, non si sentono che promesse di nuove spese. Solo pochissimi temerari dicono che spendiamo più di quanto dovremmo (la spesa pubblica “trionfalmente” ha superato la soglia dei 1.000 miliardi di euro), che non possiamo vivere di sussidi statali senza creare reddito e che bisogna “valorizzare” ciò che abbiamo con soluzioni che creino lavoro senza aumentare la spesa pubblica.

Un esempio attuale? L’Olanda ha investito sulla “crisi energetica”, lo ha fatto attraverso il project financing chiedendo alle imprese di ristrutturare le case popolari (lì sono circa il 40%) aumentandone l’efficienza energetica e finanziando il tutto con i soldi degli affittuari, ovvero, le imprese si finanziano per i prossimi 20 anni attraverso il risparmio energetico ottenuto, pagato dagli affittuari che avranno case più confortevoli.

In Italia, invece, neppure gli ospedali pubblici, che avranno un aumento di spese per l’energia stimato in circa un miliardo, hanno avuto l’ordine di utilizzare gli spazi disponibili per diminuire i consumi, ci si aggroviglia su procedure decisionali ed amministrative piene di dati ridondanti e di pratiche/documenti inutili. È una crisi amministrativa quarantennale che genera danni economici, limita il benessere sociale ed individuale e provoca inquinamento comportamentale a scapito delle future generazioni.

Sarebbe stato nostro dovere far sì che i giovani, avessero gli strumenti per vivere in società migliori delle nostre, ma così non è stato, ed allora bisogna dirgli che tocca proprio scardinare questa mentalità chiedendo interventi mirati che valgano per il futuro, norme e regole chiare, semplici, utili e con tempi di attuazione ragionevoli; un’accounability vera con soluzioni operative e concrete (cosa fare, come, in quanto tempo, con quali investimenti, con quali risultati, ecc.) che riducano drasticamente la spesa pubblica o la rendano efficiente.

Gli sprechi nella P.A. sfiorano i 200 miliardi (CGIA Mestre), è quindi urgente la revisione della spesa pubblica, ma non con i soliti tagli lineari, bensì con azioni mirate e sulle piante organiche, che non vuol dire ridurre il numero di dipendenti, ma mettere le persone e le risorse dove servono (giustizia, sanità, trasporti pubblici, raccolta rifiuti, manutenzione stradale, ambientale, reti distributive, etc…) e riducendole dove si può utilizzare la tecnologia per sostituire l’uomo.

Provo ad indicare solo alcuni, estendibili a tanti altri settori:

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