Il mondo cattolico è in fermento e direi giustamente in fermento: i cattolici hanno sempre dato il loro contributo determinante allo sviluppo istituzionale, sociale, economico e politico del Paese. Oggi più che mai l’appello di don Luigi Sturzo si presenta nella sua profonda modernità e i cattolici devono ripartire da questo appello per una loro presenza significativa nella vita del Paese. Soprattutto per “recuperare” il non voto degli italiani e creare le condizioni per un “equilibrio” democratico tra le diverse forze politiche.
molto bene sono interessato perche l’alternativa all’illusione finqazaria di Giorgia meloni si puo fare solo affrontndoproblemi cocnreti posti dalla UE Propongo il seguente .”Come assicurare al sistema delle autonomie locali il livello di competitività europeo rchiesto dal Rapporto Draghi” A chi posso invaire una memeoria ?Cordialmente Antonio Troisi ordinario diwscienza delle finaze f.r Universita di Foggia Viqa carlo gaiurnieri n.18/bari cell3383535465
p.s Attendo programma definitivo .
Ringrazio intanto per la cortese attenzione. Il tema posto dal collega è rilevante in quanto proprio il sistema delle autonomie locali da un lato deve essere sostenuto (come?) dal livello di competitività europeo richiesto dal rapporto Draghi e deve sostenere lo stesso livello di competitività europeo richiesto dal rapporto Draghi. Oggi il sistema delle autonomie locali si identifica con il sistema dei decisori pubblici locali e con le amministrazioni locali. Ma come i decisori locali oggi contribuiscono allo sviluppo della competitività? Oppure il sistema delle autonomie locali è solo un soggetto da assistere? Quindi come si presenta oggi il modello di competitività a livello locale? e se questo modello non è funzionale allo sviluppo di un sistema di competitività europeo,come progettare e realizzare un nuovo modello competitivo di autonomie locali? E prima di ogni cosa quali sono gli elementi utili per definire un sistema di competitività a livello locale?
Una memoria la può inviare a chi scrive (donato.limone@gmail.com). E possiamo avviare una analisi per dare risposte agli interrogativi posti da lei e da me. L’appello di don Luigi Sturzo oggi deve riguardare proprio tutti coloro che intendono valorizzare le comunità locali intese come insiemi di cittadini che intendono partecipare attivamente alla costruzione di un sistema di competitività locale, nazionale ed europeo. Ma anche comunità locali intese come soggetto istituzionale, sociale, economico e culturale che costituisce la sede “naturale” di nuovi tipi di sviluppo competitivo.
Buona serata. Donato Limone
Vorrei essere presente ma nON MI possibile, Fate come se lo fossi.
i migliori auguri
Un contributo.
Alle donne e agli uomini,
liberi e forti di questo Paese
A noi,
consapevoli che, il complesso e difficile momento che stiamo vivendo, non può essere affrontato con poche e sbrigative parole, utili solo per parlare alla pancia della gente, e per superficiali commenti nei telefonini;
a noi, dunque, che crediamo che ci sia ancora spazio per un pensiero critico, che pensiamo che il degrado della politica a cui stiamo assistendo, non è la morte della politica, ma la constatazione che è proprio perché abbiamo perso il senso autentico del fare politica, se oggi la situazione è così drammatica;
a noi, allora, che pensiamo, che la politica non risponde a tutto, ma è una necessità che, sin dalle origini del pensiero, i nostri padri declinarono dalla “polis”, essenziale e insostituibile, per dirimere i problemi di una comunità, e per programmarne lo sviluppo;
a noi, che pensiamo che la politica è fatica, quindi capacità di ascoltare, di osservare, di mediare, per trovare le giuste risposte alle domande dei cittadini, ma sempre in funzione della comunità e, pertanto, pensando sempre a chi verrà dopo di noi;
a noi, di conseguenza, che pensiamo che chi è chiamato al governo di un Paese è soltanto il timoniere di una barca, dove ognuno ha un ruolo fondamentale, e ciò significa che non c’è un capo che possa affrontare e risolvere i problemi di una comunità – in ogni situazione, ma ancora di più nei momenti più difficili –, ma c’è sempre una squadra, un “noi insieme”, dove quel “noi insieme”, non coinvolge solo chi ha incarichi, ma anche ogni singolo cittadino;
a noi, che crediamo nella corresponsabilità, perché tutto ciò che accade o non accade, è sempre una responsabilità di tutti, anche di chi è rimasto a guardare, e non c’è nulla di peggio dell’indifferenza per contribuire al degrado delle nostre comunità; “La politica dovrebbe assumere il compito di orientare e educare perché è “l’arte di uscire insieme dai problemi” (Scuola di Barbiana), non di raccogliere, legittimare, amplificare l’emotività irrazionale riguardo alle situazioni della storia, di amministrare e orientare attenendosi all ’affermazione della dignità di ogni persona, dei suoi diritti fondamentali e del bene comune; di rispondere ai problemi rispettando sempre le persone.”
a noi, che crediamo,pertanto, che la politica è servizio, e non c’è nulla di più gratificante che servire la propria comunità, sapendo che essa è un anello fondamentale dell’intera umanità;
se crediamo, che non tutto sia già segnato da un declino inarrestabile, ma come ci ha ricordato anche il nostro Presidente della Repubblica: «La speranza siamo noi, il nostro impegno, la nostra libertà, le nostre scelte»;
a noi, allora, che continuiamo a credere che la politica, così declinata, sia una meravigliosa avventura civile, abbiamo
il dovere di impegnarci
di trovare il tempo per incontrarci, per ascoltarci, per confrontarci, per capire, prima di tutto, dove abbiamo sbagliato, e per creare le condizioni per quel “noi insieme”, di cui abbiamo tanto bisogno, per un riscatto, per una necessaria e urgente alternativa al declino della nostra amata Italia e dell’Europa;
Se pensiamo, allora, che le tre riforme “Premierato”, “Autonomia differenziata” e “Giustizia” – frutto di un patto di patto di potere e di scambio di favori -, siano il tentativo di scardinare i principi fondamentali della Carta Costituzionale, nata dalla Resistenza, e che non affrontano i reali problemi del paese: dai poteri del governo e del ruolo del Parlamento, all’ “Autonomia regionale” intesa come collaborazione solidaristica tra comuni. Regioni e Stato, e alla “Giustizia” come strumento fondamentale a difesa di tutti i cittadini attraverso processi con tempi certi e rapidi;
se siamo convinti, che vincere le elezioni non significa avere ricevuto un mandato a fare quello che si vuole, ma significa ascoltare anche chi non la diversamente e non ti ha dato il consenso; in particolare, che il “popolo” non coincide con chi ti ha votato, ma è l’intera comunità, perché “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (art.1)”.
se pensiamo che il lavoro si fondamentale per la dignità di ogni essere umano, e che per essere tale deve svolgersi in condizioni di sicurezza, di riconoscimento delle proprie competenze, senza distinzione di sesso, e con retribuzioni che consentano di vivere dignitosamente;
se pensiamo, quindi, che il “salario minimo”, sia un dovere, per una società che si richiami ai principi della giustizia e della dignità della persona;
se pensiamo, di conseguenza, che sia un dovere delle istituzioni essere accanto a chi è in difficoltà e non riesce a trovare un lavoro;
se siamo convinti, come è scritto nella Carta Costituzionale, che il Carcere non è il luogo in cui chi ci entra è senza speranza, ma può intraprendere un cammino di recupero, essenziale per la sua dignità e per l’intera comunità civile;
se pensiamo che accanto ai Diritti ci sono i Doveri, e la formazione della nostra dimensione civica passa attraverso il loro rispetto;
se siamo convinti che, la vera Libertà, non è assenza di regole e soprattutto, è rispetto per chi ci è accanto, è avere sempre presente la dignità della persona, la sua umanità;
se siamo convinti che dobbiamo orientare le enormi potenzialità della Tecnica e della Scienza per realizzare la nostra Umanità e non per annientarla, riconoscendo che c’è un limite al desiderio di onnipotenza che ci sta soffocando;
se pensiamo che la Famiglia, nelle diverse declinazioni – e nei limiti imposti dal buon senso (anche qui c’è il pericolo del concetto che tutto ciò che si vuole è un diritto) –, sia il fulcro di una comunità;
se crediamo, quindi, che dobbiamo creare le condizioni per favorire nuove nascite. perché una società che invecchia non ha futuro;
se pensiamo che i Giovani vanno coinvolti ed ascoltati – e loro devono comprendere che occorre mettersi in gioco e studiare –, che dobbiamo sintonizzarci con loro sapendo che sono loro a cui noi dobbiamo pensare, perché ciò che costruiremo non è per noi, ma per loro;
se pensiamo che i nostri Anziani sono una risorsa e non uno scarto; che la cultura dello scarto è indice di una deriva etica;
se pensiamo che la “Sanità Pubblica”, una conquista che ci ha portato ad essere un faro di civiltà per tutto il mondo, non possa essere smantellata a favore della “sanità privata”, accessibile solo a chi se la può permettere;
se pensiamo che la “Scuola Pubblica”, debba essere il luogo in cui i nostri giovani imparano a pensare, a sviluppare, quindi, un “pensiero critico”; citando un grande pensatore che ha sacrificato la propria vita contro il fascismo, se crediamo che la “Cultura, non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri (…).
“Cultura è la stessa cosa che la filosofia… ciascuno di noi è un poco filosofo: lo è tanto più quanto più è uomo… Cultura, filosofia, umanità sono termini che si riducono l’uno nell’altro (…) Cosicché essere colto, essere filosofo lo può chiunque lo voglia. Basta vivere da uomini, cioè cercare di spiegare a se stessi il perché delle azioni proprie e altrui, tenere gli occhi aperti, curiosi su tutto e tutti, sforzarsi di capire ogni giorno di più l’organismo di cui siamo parte, penetrare la vita con tutte le nostre forze di consapevolezza, di passione, dì volontà; non addormentarsi, non impigrire mai; dare alla vita il suo giusto valore in modo da essere pronti, secondo le necessità, a difenderla o a sacrificarla. La cultura non ha altro significato”. (Quaderni dal Carcere).
Se siamo convinti che stiamo distruggendo la terra, cioè stiamo annientando noi stessi e il nostro futuro, perché “È scritto che “il Signore prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen 2, 15). Si tratta di custodia e non di dominio; di una cura amorosa e non di un dispotismo. O, se si vuol parlare di dominio, è come il dominio del sole, che più invade la terra più sprigiona la vita. O, meglio ancora, come il dominio dell’amore che crea, e libera, e salva. Io non posso fare quello che voglio delle cose; io posso fare di esse solo quello che devo. Servirmi certo di esse, ma solo in ordine alla vita e non in ordine alla morte. E in ordine alla vita di tutti, al bene di tutti.”
se crediamo che “L’ingiustizia strutturale, l’impoverimento e la fame, le violenze, le armi e le guerre, le diverse forme di discriminazione e di razzismo; l’usurpazione delle risorse, la distruzione e l’inquinamento dell’ambiente vitale esigono un’etica mondiale che, frutto delle diverse ispirazioni culturali e religiose, vincoli tutta l’umanità a decisioni e a una comune responsabilità per la giustizia, la pace, l’accoglienza, la dignità e i diritti umani di ogni persona e comunità, di tutta la famiglia umana”;
se siamo convinti che l’ Europa è la nostra ancora di salvezza – forse non ci rendiamo conto di quanto importante sia il progetto di un’ Europa davvero unita, che, anche se non ancora compiuta, ha consentito di avere il periodo di pace e di prosperità più lungo della nostra storia e, quindi, che solo un ‘Europa Unita può affrontare le sfide decisive, per il nostro destino, che abbiamo di fronte;
Se crediamo che “Il significato dell’affermazione: “prima noi e dopo gli altri” è antistorica, data l’interdipendenza planetaria; è contraria alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani; alla nostra Costituzione e per chi vive un riferimento serio e non strumentale al Vangelo di Gesù di Nazaret, al Vangelo stesso”.
se pensiamo, che fare un comizio in ogni occasione, non sia esercitare il proprio ruolo, ma esaltare il proprio “ego”, ennesima conferma di chi proprio non riesce a distinguere i momenti, i tempi del fare politica, che dimostra in ogni occasione di non avere cultura politica, di non comprendere quale sia l’autentica vocazione del fare politica: mettersi al servizio degli altri, mettere da parte il proprio “ego”, a favore del “noi per tutti”;
se pensiamo, che noi abbiamo delle responsabilità in tutto ciò, e possiamo fare ancora qualcosa per lavorare e far crescere una nuova classe dirigente,
allora, a partire da incontri come questi, avviamo con convinzione e con entusiasmo,
forti dei valori costituzionali che ci uniscono,
un processo di riscatto,
di desiderio di essere protagonisti
di un nuovo umanesimo politico,
per una rinnovata Speranza
per l’oggi e, soprattutto
per avere un domani!
Massimo Beraldo
già sindaco di Ceggia VE